In effetti a Milano sembra esserci un astratto impulso di rinnovamento interiore, qualcosa di inspiegabile che sta al di fuori delle cronologie e dei manuali di storia e la rende tale. Un poderoso spirito d’avanzata che ingloba inesorabile i resti del passato o li svuota di autorità, elevando a unica città credibile quella del progresso, nel bene e nel male.
Soltanto un’opera in città gode del rispetto quasi ossequioso di quest’innato moto di cemento e avanguardie, ed è una chiesetta incastrata nello spartitraffico di via Lorenteggio. Si chiama Oratorio di San Protaso.
Avvistandone l’abside in bicicletta mi era parso un deposito ANAS da vecchia strada statale. Fu edificato nel secolo XII quando intorno c’era la campagna, poi l’espansione di Milano arrivò a stritolarlo tra le due inquinatissime corsie.
Adesso penserete come si fa a sostenere che proprio questo antico mausoleo confinato in un marciapiede sia stato risparmiato dalla valanga urbana. Vi domanderete dove sta l’armonia tra la religiosità di San Protaso e l’asfalto che lo circonda. La spiegazione è semplice: a Milano c’è il culto dello spartitraffico.