Chiunque sulle strade di Milano avrà notato passeggiare una categoria di anziani solitari, senza meta apparente. Si crede che ammazzino il tempo fino all’ora di cena. Forse invece è il loro quotidiano viaggio nell’impalbabile metropoli delle passioni. Quando spiano le opere di un cantiere dal buco di una lamiera, è come se sospettosi origliassero di nascosto un dialogo fra la moglie e un’amica, in attesa di carpire la confidenza che gli faccia bene o male al cuore. Un nuovo centro commerciale oltre le ruspe, potrebbe infatti ferire la sensazione ispirata da quel posto: la felicità per la nascita di un nipote, le memorie d’infanzia.
Una volta un vecchio l’ho visto seduto ai tavoli esterni di un’osteria chiusa da anni, vicino al Lorenteggio. Guardava i giganteschi edifici sullo sfondo. Nell’ex locanda si immaginava bambino, era il principio della sua esistenza, ma nei moderni fabbricati oltre il piazzale, così fuori dalla sua epoca, sentiva la fine. Lo scenario fra i due luoghi lo associava quindi al tempo trascorso in questa terra: c’erano asfalto, arbusti secchi e pozzanghere. Eppure credeva di aver passato una vita migliore.
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