venerdì 23 marzo 2012

LA FONTANA "STRANIERA" DI VIA PADOVA (CronacaQui 13/3/2012)

A volte Milano stecca come un tenore. La musica fra strade e isolati è sempre la stessa: sirene lampeggianti coi motori d’auto in sottofondo, e un coro di palazzi che sembrano prigioni, e di visi stanchi sui marciapiedi.
Poi però d’improvviso, nel frastuono di questa cantilena, si imbocca un itineario sconosciuto, o curiosi apriamo gli occhi in attesa del tram, o in coda al semaforo per recarci in ufficio, e ci appare un insolito angolo che stona, che rompe lo schema razionale della metropoli.
Infatti non serve visitare musei e chiese antiche per scoprire l’altra voce di Milano. Le sue affascinanti stranezze sono annerite dallo smog e son fatte di cemento e d’acciao come la città brutta.
All’incrocio fra le vie Padova e Angelo Mosso, c’è una piazzetta munita di panchine e giochi per bambini, progettata senza pretese, ma solo per la necessità sociale di creare uno spazio di svago nel quartiere che cresceva. In mezzo si trova una fontana senza senso: un muretto di ordinari mattoni rossi da dove pendono diciassette rubinetti spenti, identici fra loro e simili a quelli che tutti abbiamo in casa. A vederla così verrebbe da pensare che un tempo quando gettava acqua poteva servire a dissetare i passanti, o a lavare i panni. Invece davanti c’è una vasca rettangolare che impedisce di raggiungerla, e sembra persino dotarla di un qualche attributo estetico. Però lo sfacciato pragmatismo di quella serie di diciassette rubinetti uguali neutralizza pure l’ipotesi decorativa. A che serve quindi? Per cosa è stata costruita?
In via Padova, la strada degli emigranti, anche questa fontana è straniera: è lì, vorrebbe dirci qualcosa, ma il suo linguaggio ci confonde. Ogni tanto, qualcuno spazientito di non capire, quasi per costringerla a riprendersi un comune senso di sorgente, le gira intorno e la usa come pisciatoio.

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