martedì 28 febbraio 2012

AL BAR DEL DOPOLAVORO FERROVIARIO (CronacaQui 20/12/2011)

Le gallerie sotterranee della stazione Centrale sembrano passaggi per un mondo lugubre e misterioso. Dai tunnel stradali di Via Ferrante Aporti si vedono gli accessi sbarrati a questo enorme labirinto abbandonato.
Un tempo c’erano mercati ittici, ortofrutticoli, spaccio di vini e rivendite d’olio; le insegne sono ancora lì annerite dallo smog. Poi, come se tutti fossero scappati lungo i bui corridoi per sbucare chissà dove senza lasciare tracce, qui non è rimasto niente. L’unico esercizio superstite, tra i fantasmi di quell’epoca, è il bar del Dopolavoro ferroviario.
L’ho scovato di sera la settimana scorsa percorrendo il tunnel che collega Via Tonale a Piazza Luigi di Savoia. Da trentacinque anni è situato qui ai bordi dei sotterranei.


Fuori dall’orario di pranzo, la coppia di gestori non è più abituata ad avere clienti. Arrivo al bancone e in silenzio mi fissano stupiti, forse convinti che abbia sbagliato porta.
Intorno, fra le mensole colme di bottiglie polverose o appese alle pareti, una miriade di carabattole, souvenir e immagini consunte, sembrano raccontare la storia dell’italiano medio ai tempi in cui c’era vita qui sotto la stazione.
C’è il poster della nazionale ai campionati in Spagna del 1982, accanto a una locandina di “Delitto al ristorante cinese” con Tomas Milian e Bombolo al suo fianco. Sotto una foto della Loren da giovane, tra una collezione di liquori mignon, leggo i nomi dei panini: “Terrone”, “Siciliano”, “Calabrese” e il “Ragioniere”. Agganciata al collo di un fiasco di vino a forma di coppa del mondo FIFA, noto una vecchia racchetta Wilson in legno.
Esco con gli occhi saturi di passato e salgo in stazione a passeggiare fra i binari. In fondo al 21 scorgo la torre del faro con gli operai arrampicati da giorni contro la soppressione dei treni notturni. Pure la loro estenuante e sacrosanta battaglia in difesa del posto di lavoro, come le chincaglierie che ho visto nel bar, sa di un’Italia che non c’è più.

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